Come lavoro
La mia formazione di tipo sistemico–relazionale mi porta a considerare il bambino, non come individuo a sé stante, ma quanto facente parte del suo sistema famiglia.
In quest’ottica sarà pertanto importante non tanto curare il problema in sé, quanto piuttosto comprendere e allearsi con il problema del bambino.
“Restituire competenze relazionali a un bambino portato in terapia per qualsivoglia disturbo personale è il primo atto per costruire una complicità terapeutica con lui e attraverso di lui con la famiglia” (Andolfi, 2010).
Quando infatti, i bambini hanno l’opportunità di identificare, etichettare ed articolare i dilemmi che affrontano, allora è probabile che tali dilemmi siano più semplici da affrontare e da contrastare, rispetto a quando queste preoccupazioni non vengano identificate o non venga data loro voce. Inoltre le paure espresse sono comunemente vissute dai bambini come fonti di minore ansietà rispetto alle paure “innominate”, che comunemente sorgono quando un bambino sviluppa la consapevolezza di un problema esistente in famiglia, ma per il quale non riceve spiegazioni convincenti riguardo la sua natura da parte degli adulti.
Solitamente viene fatto un primo colloquio con i genitori, al seguito del quale si decide insieme se è necessario o meno vedere il bambino in incontri successivi.
A seconda della problematica riportata dalla famiglia, si utilizzano strumenti standardizzati sia per valutare le competenze funzionali ed emotive del bambino, sia le relazioni familiari.
Alla fine della valutazione viene sempre svolto un colloquio finale con i genitori al fine di condividere quanto emerso e, se necessario, pianificare un intervento terapeutico.